Le reti per la pesca a strascico
sono grandi e se abbandonate in mare possono causare la morte di
diverse specie ittiche: pesci, mammiferi marini, tartarughe o
aragoste possono rimanere intrappolati nelle maglie anche se la rete
si trova sul fondo marino.
L'altro grave problema che affligge i
nostri mari è l'inquinamento, l'enorme varietà di sostanze
estranee che l'uomo continua irresponsabilmente a riversare prima o
poi si ritorcerà contro di esso. Le reti da pesca abbandonate in
mare contribuiscono all'inquinamento per via del degrado della
plastica con cui sono realizzate.
Il recupero di una rete da pesca a
strascico può essere costoso ed implica una perdita di tempo che
i pescatori non possono sostenere, ma allora come porvi rimedio? Uno
studente di Ingegneria spagnolo ha cercato di risolvere il problema
delle reti lasciate sul fondo del mare.
La rete viene corredata di un RFID che
dialoga con un'app su uno smartphone, una volta che la rete è
persa i pescatori possono tentare di recuperarla perché possono
sapere esattamente dove si trova. In caso il recupero sia impossibile
si informa le ONG che provvedono a recuperarla.
In Italia questo modo di procedere
sarebbe difficile da applicare, molti pescatori non sono cosi
tecnologicamente evoluti ne si interessano dell'ambiente. L'idea
dello studente spagnolo (Remora Project) però ha anche un aspetto
che trascende l'interazione umana, la rete infatti è realizzata con
un polimero che si degrada senza nuocere all'ambiente.
Una rete a strascico prodotta con
plastica biodegradabile è la soluzione ottimale per risolvere il
problema delle reti fantasma, occorre vedere quanto costa realizzarla
e magari imporla sul mercato.
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